Visualizzazione post con etichetta eurostat. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta eurostat. Mostra tutti i post

sabato 30 aprile 2016

L'Eurostat lancia l'allarme sull'occupazione dei laureati, l'Italia non ci sente.

(foto corriereuniv.it)

L'Italia è penultima nella graduatoria europea dei laureati under 35 che trovano lavoro entro i tre anni dal titolo. Solo la Grecia fa paggio di noi. Stiamo parlando di una percentuale del 57,5%, ossia poco più della metà. Per fare un confronto indicativo, in Germania la percentuale è del 93,3%, cioè più di 9 su 10 (93 su 100), mentre noi ci fermiamo a meno di 6 su 10 (57 su 100). Vuol dire che in territorio tedesco meno di un laureato resta disoccupato entro 3 anni, mentre in Italia più di 4 su 10. Una differenza notevole. Vuol dire che ben 43 laureati su 100 hanno fatto grossi sacrifici per nulla (me compreso). 
Esiste quindi un grosso problema laureati ma nessuno lo vuol vedere, almeno a livello governativo. 

Nell'ultimo concorsone per la scuola, i laureati in lettere in prima istanza non erano stati accettati, perché per il bando e per chi l'ha scritto, la laurea non è sufficiente per insegnare. Lo stesso stato italiano non riconosce le lauree che conferisce. E per le quali investe. Uno che ha studiato lingue per cinque anni non sarebbe in grado di insegnarle. Adesso dopo vari ricorsi i laureati sono stati accettati ma con riserva, nel senso che magari si partecipa al concorso, lo si vince e poi magari un Tar decide di estrometterli di nuovo.

Lo stato italiano non riconosce i titoli accademici in molti campi. Basti pensare al giornalismo: sono necessari due anni di praticantato ben retribuito per iscriversi all'inutile albo, rimasto in piedi per questioni economiche. Mentre la laurea in Scienze della Comunicazione non basta per avere il tesserino. Perché bisogna prima farsi sfruttare per un po', poi se tutto va bene si può avere il tesserino. Così almeno si pagano le tasse all'ordine dei giornalisti (neanche fossero i templari) per scrivere. Per lavorare. Per avere tutti i privilegi di far parte di questa casta. Ma perché non diventa una libera professione come tante, dove i più bravi (forse) possono far carriera? 

Intanto nel governo, ma anche all'opposizione, nessuno ha mai proposto una legge o un'iniziativa per favorire l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, men che meno i laureati. 
C'è un grosso problema occupazione giovanile, ma nessuno se ne fa carico, è all'ultimo posto dell'agenda politica, che è troppo interessata ad altre questioni che a loro volta non interessano a noi. 
Ma tant'è, la politica vive in un mondo diverso dal nostro, e probabilmente non se ne rende neanche conto, o forse più probabile, fa finta di non rendersene conto. 

E il problema laureati e giovani disoccupati resta al palo, così come il paese...

martedì 26 gennaio 2016

I laureati nuovi emarginati, la conferma dei dati


Le statistiche non mentono. I numeri non mentono. Questo grafico pubblicato da Repubblica qualche giorno fa, ripreso da una fonte Eurostat, fotografa appieno quella che è diventata una triste realtà, ossia che ormai i laureati sono i nuovi emarginati nel mercato del lavoro italiano, perché come si può benissimo vedere dal grafico, nel resto d'Europa il tasso di occupazione dei laureati è soddisfacente, per alcuni paesi è altissimo, con picchi che sfiorano quasi il 100% di occupati. 
In quasi tutta Europa è conveniente laurearsi, tranne che in Italia e in Grecia, paesi in cui conviene diplomarsi e cercare lavoro. Poi ci si domanda del perché le università si stanno svuotando. Ovvio no? Assicura un lavoro il fatidico "Pezzo di carta?". Assolutamente no. Perché i giovani dovrebbero formarsi e specializzarsi per poi non trovare nessun impiego? Anche io personalmente non suggerisco mai ai più piccoli di cominciare gli studi universitari, serve a poco. A livello personale, soprattutto mentale, serve a moltissimo, ma praticamente ti lascia disoccupato
Ai laureati italiani sarebbe convenuto nascere in tutti gli altri paesi europei, esclusi Italia e Grecia. Era meglio essere croati, spagnoli, bulgari, romeni, ciprioti, portoghesi, sloveni, irlandesi di tutte e due le Irlanda, francesi, polacchi, finlandesi, lettoni, ungheresi, belga, lituani, estoni, cechi, del Regno Unito, danesi, lussemburghesi, svedesi, olandesi, austriaci, tedeschi e maltesi. Tutto, meno che italiani. 
La nostra percentuale è poco più alta del 40%, un dato vergognoso per un paese come il nostro, che dovrebbe far riflettere sulla situazione di tanti nostri giovani. Ultimamente anche i programmi televisivi si stanno riempiendo di disoccupati, a Masterchef, gara di cucina, sono ormai più i disoccupati che partecipano rispetto a chi decide di cambiare vita o lasciare il proprio lavoro. Sabato nel programma di Gerry Scotti in cui chi non sa le risposte sprofonda in una buca, c'era un concorrente bravissimo laureato in filologia romana se non erro, 30 anni, disoccupato. 
L'Italia è un paese che non occupa i migliori cervelli che ha e poi ci meravigliamo che niente migliori e niente cambi. 
Come sto vedendo dalla mia personale esperienza, i laureati sono assolutamente emarginati, non vengono presi in considerazione per lavorare come pasticceri, camerieri, operai, commessi, perché non si sa. Facendo una domanda ad un consulente del lavoro, sul perché i laureati non vengono presi in considerazione per posti di lavori meno qualificati, lui rispose che il datore si domanda "Cosa si aspetta questo da me?". Se io laureato, faccio domanda per fare il cassiere del supermercato, cosa mi potrò aspettare mai se non di fare il cassiere del supermercato? Mi aspetterò mai di fare il direttore? No, sarò pronto e motivato per quel tipo di lavoro. Altrimenti non farei proprio una domanda per quei posti. Sono laureato, certe cose le capisco. Oppure avranno paura che se uno trova un posto migliore se ne va. Non credo sia un problema rimpiazzarlo, nel caso remoto in cui uno possa migliorare posizione sociale. 
Poi per i pochi posti per laureati invece si crea un'eccessiva domanda, che porta solo pochi a poter lavorare. C'è una ressa per questi posti e pochi fortunati riusciranno a spuntarla.
Poi i laureati non hanno esperienza. Questo perché l'Università così com'è strutturata dovrebbe essere rivista. Sarebbe necessario studiare, ma accompagnare lo studio con pratica, quotidiana, che faccia curriculum. Così che alla fine il curriculum è più ricco di esperienze pratiche. Quella che sembrano cercare tutti gli imprenditori.
Infine le Università stesse ci dovrebbero mettere a disposizione contatti reali con le aziende, non abbandonarci dopo aver preso il fatidico pezzo di carta. 
Io una soluzione ce l'avrei. Il governo dovrebbe studiare una misura, una nuova legge sul lavoro, che preveda grossi sgravi fiscali per chi assume un laureato. Secondo me a quel punto gli imprenditori, pur di risparmiare, così come successo con gli sgravi contributivi del Jobs Act, aprirebbero loro le porte, consentendogli di poter fare anche quei lavori per i quali ora non vengono presi in considerazione. Questa secondo il mio modestissimo parere, è l'unica misura che potrebbe davvero aprire le porte del mondo del lavoro a milioni di laureati italiani. Altrimenti non resta che emigrare in qualsiasi stato europeo, in cui si avranno certamente più possibilità di essere presi in considerazione. 

P.S.: Tutti questi discorsi non valgono assolutamente nulla per i raccomandati, per loro le statistiche non contano.