giovedì 28 maggio 2015

E svegliarsi la mattina...



"La mattina mi ci vuole il cardiologo, il veterinario, una plastica facciale...  La mattina mi ci vuole una foto incollata sul viso, per salvare l'apparenza che non inganna.. Sono in stato evidente da cambiare programma" 
(Vento in faccia, Bandabardò)

Svegliarsi la mattina per un disoccupato è molto complesso. È difficile per diversi motivi, primo fra tutti perché si è sempre in preda all'imprevedibilità, non si sa mai con certezza cosa possa succedere durante la giornata. Chi lavora ovviamente più o meno sa, in base alla mansione che si svolge, cosa gli potrà accadere durante la giornata, cosa farà, quali impegni ha e cose del genere. Mentre il disoccupato si trova di fronte a doversi organizzare la giornata avendo molto tempo libero. Quello che per i lavoratori è un sogno, il tempo libero, per il disoccupato diventa una specie di condanna. 
Non è semplice svegliarsi con questo tipo di preoccupazione. La mattina è il momento decisamente più difficile della giornata, perché si sa che ci si sveglia senza un vero e proprio obiettivo davanti. Cioè si ha un obiettivo, che è quello della ricerca del lavoro, che però non dà una certezza ma anzi aumenta a dismisura l'incertezza, perché tutto quello che si fa potrebbe rivelarsi assolutamente inutile. Ho passato giornate intere a preparare curriculum, compilare moduli per varie domande, a consegnare curriculum presso negozi e aziende varie, a fare colloqui, a cercare offerte di lavoro serie ed interessanti, ad evitare truffe su posti di lavoro fasulli, a leggere bandi. Insomma le solite cose che un disoccupato fa durante il giorno. Il tempo lo si trascorre facilmente, anzi vola, ma non come vogliamo. Senza pensare poi che c'è questo  pensiero fisso che ci accompagna 24 ore su 24, non ci abbandona mai. 
Ovviamente si devono anche cercare diversivi e fare attività diverse, quindi ho aperto il blog, faccio abbastanza attività fisica, qualche commissione per qualcuno, qualche attività che mi porta micro guadagni e qualche passeggiata all'aperto, in un centro commerciale e cose del genere. Però svegliarsi sapendo che non ci si guadagnerà la giornata e che il futuro rimarrà incerto non è una bella cosa. Ovviamente chi lavora mi prenderà per scemo, ma è così. Meglio svegliarsi con delle certezze rispetto a punti di domanda vari per la testa.
E come dicevano i sussurranti Zero Assoluto:"E svegliarsi la mattina, e turuturututtu...". Ecco questo è il rumore giusto, quello di un cervello occupato e in stato di agitazione di prima mattina...

Altri post sulla psicologia del disoccupato: 

La complessa psicologia del disoccupato
La psicologia del disoccupato. Dieci rimedi
Pressione sociale

sabato 23 maggio 2015

Pressione sociale

(Immagine presa dalla fantastica pagina Facebook "se i quadri potessero parlare" Clicca qui per visitarla )

La "pressione sociale" è quel fenomeno secondo cui ognuno è spinto dalla società a fare nella vita quello che è socialmente accettabile, senza deviazione alcuna. Altrimenti se non si segue questo percorso si corre il rischio di essere emarginati, o nella maggior parte dei casi, visti come "strani" o "particolari". 
Una vita socialmente accettabile nel nostro paese è: si nasce, si cresce, si va all'asilo, poi alle elementari, alle medie, alle superiori, si cerca una fidanzata, si va all'università o a lavorare, ci si sposa, si fanno dei figli, si porta avanti la famiglia, si va in pensione e poi fine, "The end". Per dirlo meglio userò l'incipit del film Trainspotting, molto più incisivo e tremendamente efficace "Scegliete la vita; scegliete un lavoro; scegliete una carriera; scegliete la famiglia; scegliete un maxitelevisore del cazzo; scegliete lavatrici, macchine, lettori CD e apriscatole elettrici. Scegliete la buona salute, il colesterolo basso e la polizza vita; scegliete un mutuo a interessi fissi; scegliete una prima casa; scegliete gli amici; scegliete una moda casual e le valigie in tinta; scegliete un salotto di tre pezzi a rate e ricopritelo con una stoffa del cazzo; scegliete il fai da te e chiedetevi chi cacchio siete la domenica mattina; scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e lo spirito con i quiz mentre vi ingozzate di schifezze da mangiare. Alla fine scegliete di marcire, di tirare le cuoia in uno squallido ospizio ridotti a motivo di imbarazzo per gli stronzetti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi; scegliete un futuro; scegliete la vita. Ma perché dovrei fare una cosa così? Io ho scelto di non scegliere la vita: ho scelto qualcos'altro. Le ragioni? Non ci sono ragioni." 
Se si devia da questo copione ben strutturato e pronto per noi non è che gli altri siano molto felici. Quindi questi "altri" rappresentanti della società, si interessano alle nostre vicende controllandoci, cercando di essere sicuri che stiamo davvero facendo quello che va fatto. E lo fanno facendo delle domande, poco originali, poco intelligenti. 
Nel mio caso, essendo disoccupato, le persone si sono bloccate nella fase "Hai trovato lavoro?". Ecco, la domanda che al momento mi manda in tilt il cervello, mi rende insicuro e nervoso, mi fa venir voglia di non incontrare più nessuno per non dover rispondere a questa domanda. Tre semplici parole che rovinano giornate intere, dal punto di vista del mio umore ovviamente. Per il disoccupato una frase del genere è insopportabile, almeno per quelli come me che non ne possono più. Sono ormai due anni che me la sento chiedere e non ce la faccio più. Ma se avessi trovato davvero un lavoro, lo terrei nascosto a tutti? Rimarrebbe un segreto? O pensano che lavori per la Cia o per qualche agenzia segreta? Se davvero lavorassi in un'agenzia segreta questo tormentone non mi abbandonerebbe mai, quindi non invierò mai un curriculum alla Cia, altrimenti dovrei stare una vita a cercare scuse per rispondere a questa domanda. é ovvio che no, non ho trovato niente, quindi cosa me lo domandi a fare? Lo avresti saputo no? Non è che fai il mio bene, anzi. Ogni volta che me lo sento chiedere mi cade il mondo addosso. Vorrei sparire proprio. 
Ma questa delle domande di controllo è una storia molto lunga che inizia sin da quando siamo piccoli, anche se a scontarle sono i nostri genitori. Si comincia con tutti che vogliono sapere se dormiamo e se mangiamo. Bene. Poi "va all'asilo?" ovvio che no, sono autodidatta. Dalle elementari si pretende il rendimento, quindi si passa al "come va a scuola?", in macchina, a piedi o con il bus. Questa domanda ci accompagna fino alle scuole medie quando si comincia a chiedere quale scuola superiore si è scelto e tutti hanno da dire la loro sulla scuola da scegliere. Scelta la scuola si ripassa al "come va a scuola?" bene, male, non lo so. "S'è fatto la ragazzetta?", ovviamente non in senso sessuale, ma di fidanzamento, perché ci si sta facendo grandi e secondo la società è ora di trovare fidanzata. Finite le superiori si passa al "Università o lavoro?". Fortunatamente questo è un periodo che riguarda solamente il quinto anno di superiori. Se la risposta è "Farò l'università" si continua la discussione riguardante la scelta dell'ateneo da frequentare, dove e cose del genere. Ci si iscrive all'università e subito il giorno dopo aver iniziato si comincia con un tormentone che durerà per tutto l'arco del tempo di frequenza "Quanti esami ti mancano a finire?". Neanche cominci e già devi finire...Sono stati lunghi sei anni di università a rispondere "52" o "10" o "5" fino al fatidico "Ho finito, fanculo te e gli esami!". è molto dura la questione della pressione sociale, è estenuante, fastidiosa, ma sono i controllori della pressione sociale ad essere i più odiosi. Dopo essermi liberato della domanda sull'università mi sono ritrovato anche senza lavoro e quindi  "Hai trovato lavoro?" è diventato il tormentone al quale al momento sono fermo. 
Ma so che non è finita qui. I controllori, appena troverò un lavoro, inizieranno con "Ma quando ti sposi?" e poi "E i figli?" e via dicendo.  I controllori a quel punto abbandoneranno l'adulto per ricominciare con le domande sui figli...è un circolo vizioso che non finisce mai. Io bene o male sto seguendo l'iter della vita che ci si aspetta da me, sto bene così, però immagino che vita d'inferno quella di una persona che decide di non sposarsi, di chi decide di non avere figli, di chi non si sposerà con uno di sesso diverso, di che per scelta di vita decide di non lavorare, di chi decide di scegliere diversamente dal ciclo di vita che la pressione sociale ci impone. Una vita d'inferno, i controllori li braccheranno senza pietà fino allo sfinimento! Anche se una risposta netta, diretta e decisa potrebbe allontanarne qualcuno che non avrà più il coraggio di continuare a farvi questa domanda. La risposta segreta è "Sono affari miei!". In varie versioni e con tutte le parolacce che volete a condimento. A quel punto alle spalle vi considereranno strani, particolari, deviati, da evitare. Emarginati. Ma a quel punto, che cosa ci interessa di chi abbiamo alle spalle?

Altre questioni psicologiche le ho trattate qui: La psicologia del disoccupato: Dieci rimedi e qui  La complessa psicologia del disoccupato
Sugli stereotipi qui: Le case popolari

mercoledì 20 maggio 2015

Auguri Joey (I got knocked down, but i'll get up)




Auguri Joey! Ieri 19 maggio Joey Ramone, forse il più grande cantante che la scena punk abbia mai espresso, avrebbe compiuto 64 anni e mi sarebbe piaciuto moltissimo che ancora fosse tra noi. Senza alcun dubbio i Ramones di cui faceva parte sono una delle mie band preferite e sarei stato assolutamente curioso di vedere come il gruppo si sarebbe evoluto musicalmente fino ai giorni nostri, se si sarebbe ricomposto o se Joey avesse continuato da solista a creare della splendida musica. Purtroppo è andata così, la vita è questa e quindi non lo sapremo mai. So per certo che la musica dei Ramones e la voce di Joey mi accompagnerà per sempre, perché fa parte della musica che mi allieta le giornate, che mi capisce (come dicevo qui al punto 6 parlo della musica ), che mi fa migliorare l'umore e che mi fa emozionare. Una musica divertente, punk, semplice, veloce e spontanea. La consiglio a tutti. Intanto posto qui un testo paradigmatico che esprime nell'essenziale la musica di Joey Ramone: testi semplici ma diretti, testi quasi ridotti a slogan, musica veloce e divertente, ma allo stesso profonda. Credo questa canzone faccia riferimento al periodo di malattia del cantante, ed esprime in parole semplici ma dirette lo stato d'animo di quei giorni. E il ritornello è un invito a non mollare mai anche nelle situazioni più difficili e deprimenti : Sono stato mandato giù al tappeto, ma mi rialzerò. Questa frase la faccio mia adattandola alla mia situazione di disoccupato. Al momento sono al tappeto, ma mi rialzerò. 
Grazie di tutto Joey Ramone! 

I got knocked down, but i'll get up

Sitting in a hospital bed (seduto in un letto di ospedale)
Sitting in a hospital bed
Sitting in a hospital bed
Sitting in a hospital bed
I, I want life (voglio la vita)
I want my life (voglio la mia vita)
I want my life
I want my life

It really sucks (fa davvero schifo)
It really sucks

Sitting in a hospital bed
Frustration going through my head (la frustazione si propaga nella mia testa)
Turn off the TV set (spengo la tv)
Take some drugs so I can forget (prendo alcune droghe così posso dimenticare)
I, I want life
I want my life
I want my life
I want my life

It really sucks
It really sucks

I got knocked down but I'll get up (mi hanno butta giù, ma mi rialzerò)
I got knocked down but I'll get up
I got knocked down
I got knocked down

qui il video I get knocked down

domenica 17 maggio 2015

Sotto assedio.

(Il mio elmetto, pronto per l'assedio)

Il 31 maggio 2015 nel mio Comune di residenza si svolgeranno le elezioni comunali per eleggere il nuovo Sindaco. Abito in una città di 25000 abitanti circa che non ha mai avuto un sindaco di destra (almeno che io ricordi) e che viene da una amministrazione disastrosa durata due anni, con la "Sindaca" (si trattava di una donna) sfiduciata dalla sua stessa coalizione di maggioranza insieme ai consiglieri di minoranza. Una classica storia di politica italiana fatta di voltagabbana,  tranelli e operazioni architettate alle spalle dai poteri forti. Un Sindaco che aveva modi e politiche di amministrazione molto discutibili ma che aveva provato inizialmente a far fuori i soliti signori della politica che da circa 30 anni amministrano la città, ovviamente rimanendone scottata, perché loro comandano e loro decidono chi può o non può fare il Sindaco. Qui non è questione di partiti politici, ma semplicemente di poteri forti, interessi enormi in gioco, denaro. Chi ostacola questo modo di fare clientelare, non dura a lungo. E così è stato. Con la complicità delle opposizioni. 
Ad oggi siamo in piena campagna elettorale ed io semplicemente mi sento "sotto assedio". Tutti vogliono il mio voto. Tutti lo chiedono, inviano messaggi, vogliono venire in casa mia a prendersi un caffè, ma non per chiedere il voto, solo per farsi una chiacchierata. Ma come mai prima di questo periodo nessuno mi conosceva, nessuno ha mai "scroccarmi" (come si dice dalle mie parti) un caffè, nessuno ha mai voluto parlarmi ed ora divento così popolare? Mistero. Certamente so benissimo come funziona, la politica è questa, in questo periodo tutti ti salutano con un sorrisone enorme, ti danno la mano, ti vogliono parlare. E pensare che probabilmente io darò il mio voto a qualcuno che non me lo ha chiesto, che non mi chiede di parlarmi e che non mi saluta, probabilmente neanche mi conosce. E così andrà. Quindi inutile parlare con me anche perché gli argomenti di molti candidati sono ridicoli, ti chiedono il voto non esponendo nessun programma politico, al massimo ti possono parlare male di qualche altro candidato o ti promettono che si impegneranno per la zona in cui abito o anche per trovarmi un lavoro. 
Io come sapete abito in un quartiere popolare (qui parlo della zona dove abito: Le case popolari) dove questa gente si vede solo in queste occasioni, dopo di che spariscono tutti per almeno quattro anni. Per farvi capire come vanno le cose addirittura poco prima della scorsa tornata elettorale fu  inaugurato nuovamente un parco già inaugurato anni prima! Io lo denunciai sul giornale dove scrivevo ovviamente, non si possono prendere in giro persone in questo modo. 
Il basso livello della politica della mia città si rivela in questo episodio. Costruito un parco anni prima, almeno sette otto, dopo le elezioni lo si abbandona, crescono erbacce, le strutture si rovinano, manutenzione zero. Poi nuova tornata elettorale e nuova inaugurazione. Questo è il livello. Direi bassino. Come si fa a dare nuovamente il voto a questa gente? Eppure sempre gli stessi prendono i voti, gli interessi in gioco sono alti e queste persone i loro bacini di voto li hanno da sempre, dopo aver fatto chissà quale piacere a chi. 
Riepilogando, al momento ho avuto un candidato del mio quartiere che mi ha suonato parecchie volte in casa per venire a prendersi un caffè. Ma per quale motivo devo offrirti un caffè, porta qualcosa tu almeno. Non è certo la persona che voterei, quindi niente, rifiutato. Se non lo volessi dare a lui mi ha indicato anche un altro a cui darlo. Il genio. Puntualmente l'altro candidato è venuto a casa mia per parlare alla mia famiglia. Rifiutata anche questa. Poi c'è un'altra persona che anche lui sarebbe voluto venire a casa mia per un caffè, ma solo per una chiacchierata, scrivendo nel messaggio già quello che sa che avremmo pensato: testuali parole: "Voi direte: si fa sentire solo per il voto! E invece voglio farmi una chiacchierata se volete invitatemi per un caffè e bla bla bla". Sto per odiare il caffè a questo punto e fino al 31 maggio non lo comprerò, Quindi cambiate atteggiamento perché non offrirò niente a nessuno...
Poi ci sono i migliori, i candidati da Facebook, quelli che ti inviano la richiesta di amicizia in tempo di elezioni per farsi vedere e votare. Questi sono i più furbi. Si mettono lì e inviano richieste a tutti, come se io mi possa far convincere da loro in questo modo. Mi prendono per un cretino evidentemente. Qualche tempo fa mi sono arrivate un paio di richieste del genere, non le ho accettate ma neanche rifiutate, le ho lasciate lì e il primo giugno le accetterò, per fargli capire che non sono un fesso e che questa della richiesta di amicizia è davvero una strategia molto scadente. Spero se ne rendano conto. 
Mai come quest'anno mi sento così sotto assedio in quanto in questa tornata elettorale, su 25000 abitanti almeno 5000 si saranno candidati, quindi sono tutti in cerca di voto! Sono presenti otto candidati a sindaco, uno ogni 3000 abitanti e infinite liste. Pochi partiti in gioco perché ormai i furbi della politica non vogliono più mettere la loro faccia con il simbolo del partito, visto che ormai i movimenti politici nazionali hanno una calo di popolarità incredibile. In un certo qual senso vorrebbero cancellare la loro storia dicendo che non hanno alle spalle partiti politici. Loro dimenticano però che non è facile cancellare il passato solamente togliendo un simbolo, soprattutto in una piccola città come la nostra. Nessuno dimentica da dove vieni. Impossibile, quindi sempre ti assoceranno con l'area politica di appartenenza. Strategia da quattro spiccioli. Solamente il Pd ha messo il proprio simbolo, la destra non lo ha messo, perché storicamente non vince la destra nella nostra città e poi c'è per la prima volta il "Movimento 5 stelle" che ovviamente andrà a raccogliere i molti voti di protesta della città. Per non parlare poi dei personaggi che passano da un partito all'altro, cambiano schieramento ad ogni tornata elettorale. Questi poi sono gli stessi che in pubblico si lamentano della disaffezione delle persone verso i partiti. Ma se cambiate schieramento come i calciatori cambiano la squadra di calcio, ma cosa vorreste? 
Intanto mentre arriverà il 31 maggio io con il mio elmetto e la mia armatura mi difenderò da questo assedio per andare ad esprimere il mio voto liberamente, non comprerò più caffè, spegnerò il cellulare, mi cancellerò da Facebook, Twitter e Instagram, disattiverò il mio account e-mail, staccherò i fili del citofono e del campanello, cancellerò il cognome dalla mia porta. Non mi avrete mai! Sarò solo "disoccupato a tempo indeterminato". Ma come sono lunghi altri quattordici giorni...   

martedì 12 maggio 2015

Il biglietto della lotteria.

(il biglietto dell'ultima partita di campionato)

Oggi tornerò a parlare di calcio, ma non del calcio "commerciale" (serie A, Champions League), ma di un calcio di nicchia, più genuino, quello regionale. Per capirci dall'Eccellenza in giù. La foto che ho postato potrebbe a prima vista dare l'impressione che debba parlare di lotterie o di giochi d'azzardo e invece no, quello che vedete nell'immagine non è uno dei novanta biglietti che alla prossima estrazione del lotto mi potrà servire per vincere un prosciutto o un uovo di Pasqua, no, quello è un biglietto di ingresso per una partita di un campionato di Promozione, praticamente la sesta serie del calcio italiano. Ho una forte passione per il calcio che in tempo di disoccupazione "occupa" parecchio tempo, in quanto ormai le partite si giocano sette giorni su sette. Ma oltre al calcio professionistico seguo con la stessa passione la squadra della mia città che attualmente milita nel campionato di Promozione, dopo essere l'anno scorso retrocessa dall'Eccellenza dopo un drammatico (almeno per me, mi veniva davvero da piangere a fine partita) play out.
Seguo la squadra della mia città da 25 anni, da quando mio padre portò me e mio fratello a vedere le partite allo stadio (allora era ancora uno stadio decente, stiamo parlando dei primi anni novanta), dopo aver constatato questa forte passione che avevamo per il calcio. La squadra per la prima volta nella storia era stata promossa nei Dilettanti e per questo poteva contare di un forte seguito (ormai svanito da tempo). Quindi i miei primi ricordi sono di partite in cui lo stadio era strapieno di gente, partite combattute, giocatori di un certo livello e purtroppo anche di episodi di violenza piuttosto gravi all'esterno degli stadi. Quando c'era un derby le tifoserie si davano puntualmente appuntamento da qualche parte per darsele di santa ragione, così come poteva benissimo accadere al termine della partita. Ricordo benissimo un giorno in cui uscii dallo stadio ed erano in corso tafferugli mentre in un'altra partita i tifosi ospiti furono scortati e dall'esterno lanciavano sassi verso di noi all'interno...L'organizzazione della sicurezza negli stadi è sempre stata "eccellente", ma almeno allora non si toglievano i tappi di plastica dalle bottiglie d'acqua. Si poteva bere in santa pace. 
Oltre a questi sconcertanti episodi  ricordo tanti bei momenti di calcio, di tifo appassionato, partite epiche, storiche per questa città. Davvero ottimi ricordi di sport. 
Dopo qualche anno la squadra praticamente sparì scendendo fino alla terza categoria e da lì per un po' non la seguii più , colpevolmente, perché la maglia della propria città non si dovrebbe abbandonare mai. Ma non c'erano persone serie alla guida e quindi non me ne interessai più. Questo finché qualcuno non mise mano al portafogli e ricominciò a fare (più o meno) seriamente le cose, riportando la squadra più in alto, dalla terza categoria fino all'Eccellenza. Una cavalcata esaltante, diversi campionati vinti. Il passaggio decisivo avvenne tramite l'acquisto del titolo di un'altra società di una città vicina. E già, anche questo si può fare, cioè acquisire i titoli sportivi di un'altra squadra e giocare nella categoria di questa ultima, giocando per un anno con  il nome della vecchia squadra e quella della nuova contemporaneamente. Il tutto in nome della sportività. Ma andiamo avanti, se ci fermassimo alle contraddizioni del calcio non finiremmo più di scrivere. 
In quel periodo il seguito alla squadra fu incredibile, in tutte le trasferte i nostri tifosi riempivano tutti gli stadi (meglio dire campi) e purtroppo si segnalavano ancora per gravi episodi di violenza e devastazione. Una parte dei cosiddetti "ultras" seguono la squadra solo per questo, il calcio lo trovano interessante solo perché in Italia sembra essere un territorio franco dove si può fare qualsiasi cosa. 
La squadra era di moda perché vinceva, tanto che una volta assestatasi in Eccellenza la maggior parte del pubblico sparì, la lotta per la salvezza non è poi il massimo per loro. Ma non per me e per quelli come me che attualmente seguono ancora la squadra e stiamo parlando di cento persone, non di più. Domenica scorsa nello scontro decisivo per la salvezza, si potevano contare al massimo 150 persone, di cui una cinquantina muniti di biglietto della lotteria, mentre chi conosce la proprietà puntualmente non paga. Molti per non pagare seguono la partita da un ponte che si affaccia sul malandato stadio, che è poi il settore migliore per vedere la partita per bene dall'alto. Ebbene sì, stadio all'avanguardia con ponte-tribuna. Magnifico. 
Per ritrovare la genuinità del calcio bisogna seguire questi campionati, dove in piccolo però succede quello che di solito avviene nei campionati maggiori. Spesse volte si assiste a partite diciamo accomodate, ad arbitraggi a dir poco sospetti, dove le squadre che occupano i primi posti hanno un occhio di riguardo da parte della terna arbitrale, a volte  anche due...Questo accade anche in serie A, ma è da queste categorie che vengono gli arbitri che poi fanno carriera e raggiungono le serie maggiori, quindi cosa ci si potrebbe aspettare di meglio da loro? Imparano da subito come funziona. 
Il bello di questo calcio è che la mia squadra in uno scontro importantissimo per la salvezza della categoria si presente con undici titolari e tre sole riserve, senza neanche il portiere in panchina. Se si fosse fatto male il portiere titolare  si sarebbe poi proceduto ad un sorteggio tra gli spettatori per occupare il ruolo, estraendo tra quelli che avevano il biglietto numerato (a qualcosa servivano questi magnifici biglietti!). Fortunatamente un solo infortunato e partita vinta, gioco bruttino, campo in pessime condizioni con erba alta, rimbalzi del pallone irregolari, linee del campo storte. Una volta l'addetto al campo dimenticò la carriola per fare le linee in mezzo al campo e la partita ritardò di diversi minuti...Può davvero succedere di tutto, è questo il bello.
La passione per il calcio è anche questo, una salvezza in Promozione diventa importantissima, soprattutto per chi segue la squadra, così come una retrocessione può trasformarsi in tragedia. Sportivamente parlando. L'anno scorso infatti dopo un drammatico play out la squadra retrocesse, in quel caso andai in trasferta a vedere la partita, e alla fine mi emozionai nel vedere quegli undici ragazzi che tanto avevano lottato per la nostra città piangere in mezzo ad un campo. Emozioni forti, in qualsiasi categoria questo accada. E pensare che la squadra vincitrice l'anno seguente non si  iscrisse al campionato... 
La serietà del calcio italiano ad ogni categoria è davvero lodevole. Ma se comincio a scrivere di questo non finisco più. 

P.S. Anni fa alla prima giornata diedero questi biglietti numerati da lotteria mettendo però in palio una colazione in un bar della città. Non vinsi. 

Altro post sul calcio qui: I pericolosissimi tappi di plastica 


giovedì 7 maggio 2015

Le case popolari

(Un esempio dei tanti quartieri popolari d'Italia)

Provengo da un quartiere popolare, dove ancora abito. Le mie radici sono indiscutibilmente legate al popolo. Figlio di un operaio e di una casalinga, ho sempre vissuto in questo quartiere, che come tutti i rioni popolari risulta essere alla fine una cittadella a parte, slegata dalla città e dal contesto urbano e diciamocelo, alla fine un po' fuori della regole. Il quartiere dove abito è stato costruito intorno agli anni'80 per dare alloggio a circa 3000 persone che a quel tempo ne avevano bisogno. Un quartiere dormitorio, in quanto urbanisticamente costruito seguendo solo la logica del fare molti palazzi, costruire moltissime abitazioni, metterci più gente possibile all'interno, senza pensare minimamente di integrare la zona con il resto della città e senza pensare di inserire strutture e spazi dove si potesse sviluppare un minimo di "società". Personalmente mi sono sempre trovato benissimo in questo posto, ci ho vissuto serenamente per 28 anni e ancora sono "costretto" a viverci. Non che al momento mi trovi male però gradirei un po' di autonomia, ma trattandosi di un blogger "disoccupato a tempo indeterminato" al momento non ho potuto cambiare zona per abitare da solo e provare l'"ebrezza" di vivere o in città o in campagna autonomamente. 
Questi palazzoni arancioni (sì proprio tutti arancioni) dal di fuori non è che vengano visti benissimo. L'amministrazione comunale non se ne cura minimamente, le forze dell'ordine non si vedono praticamente mai e quando si vedono o stanno arrestando qualcuno o stanno andando a controllare qualcuno agli arresti domiciliari. E sì perché qui è pieno di queste storie, non sono il pane quotidiano ma poco ci manca. Quello che si dice dall'esterno è in parte anche vero, molta della gente che abita qui ha un'educazione scolastica minima o nulla e spesso cade nella rete della delinquenza. Credo che questo sia strettamente collegato, in quanto l'ignoranza nella maggior parte dei casi porta a queste "devianze". Ancora oggi nel 2015, ci sono genitori che non mandano più a scuola i loro figli piccoli. Dall'ignoranza si genera altra ignoranza dalla quale derivano comportamenti deviati. Da quando vivo qui ne ho viste di tutti i colori: risse per futili motivi, spacci di sostanze stupefacenti, auto date in fiamme nella notte, ubriachi molesti che cantano tutta notte intrattenendo il quartiere, televisioni a tutto volume in piena notte, musica altissima in pieno giorno, donne che si prostituiscono, minorenni incinta, disoccupazione che non c'è solo in tempi di crisi, ragazzi caduti nella trappola della droga e posso anche smetterla così. Non credo abbiamo niente da invidiare a quei quartieri americani malfamati tipo l' 8 mile di Detroit. In piccolo siamo così. Nel quartiere si cresce e si diventa grandi più in fretta che in altri luoghi. Ma è altrettanto facile che crescendo si possa cadere nella rete della criminalità perché ci si vive in mezzo. I genitori devono essere doppiamente bravi nel crescere i figli e in qualche modo tenerli distanti da quello che gli accade intorno dandogli continuamente lezioni su quello che va evitato. 
Io nel mio quartiere ci sto benissimo, nessuno mi ha mai rotto le scatole, tutti ti rispettano, c'è una sicurezza credo maggiore delle altre zone della città, non c'è mai stato un furto, nessuna auto è stata rubata. Magari qualche piccola truffa sì...Ma tant'è. Una cosa che mi ha sempre colpito è che dal di fuori le altre persone ci considerano diversi dagli altri, nel senso che se dici di abitare alle "case popolari" non è che si ha molto credito: si dice "quel ragazzo è delle case popolari, ma è un bravo ragazzo". Ci vuole la specificazione perché non lo si dà per scontato, ma provenire da qui è già una presentazione, ovviamente negativa. C'è un pregiudizio, inutile negarlo. Quando eravamo piccoli, nessuno ci ha mai importunato a noi delle case popolari perché si diceva: "quello è delle case popolari, se meni lui poi devi menare tutte le case popolari". Come se fossimo una tribù, cioè dai fastidio a lui e poi vengono gli altri della zona a vendicarlo. Io non sono mai stato picchiato o coinvolto in risse, però non credo che qualcuno mi sarebbe venuto a difendere... 
Ma non è questo il punto, il fatto è che c'è un pregiudizio da parte degli altri sul quartiere, perché il costruirlo "in disparte" ha creato questa lontananza sociale dovuta principalmente all'ignoranza del fare tutta un'erba un fascio (negli altri quartieri non delinque nessuno?). Sui tremila abitanti del quartiere, almeno 2900 sono bravissime persone che non hanno mai commesso un reato, è ovvio poi che una minoranza di chi abita in questi quartieri popolari ci abita perché non ha i mezzi economici e sopratutto non ha una cultura di base che potrebbe tirarli fuori da questa situazione, l'ignoranza a questo porta. è solo una questione di cultura. Finché la cultura non sarà presa come fondamento nel nostro Paese si creeranno continuamente queste nicchie e queste disuguaglianze. La scuola è fondamentale, quando ce ne renderemo conto? Credo siamo molto lontani da questa consapevolezza. Finché la politica si occuperà di questo quartiere, così come i moltissimi popolari d'Italia, solo come bacino di voti in tempo di elezioni , il problema probabilmente non verrà mai risolto.

Altre notizie su di me qui: (Non) presentazione

lunedì 4 maggio 2015

Perle di Saggezza #2


Bomba dentro chi ha perso il lavoro 

e pensa sti’ manager con i super-bonus 


bomba a chi si è laureato a pieni voti, 

ma non ha raccomandazioni 


ed è costretto a casa coi genitori 

e poi li chiamano bamboccioni 

(J Ax- 'Na bomba)

sabato 2 maggio 2015

Il centro per l'impiego. O dell'addetto agli affari generali.

(un inquietante simbolo del centro per l'impiego)

Èda poco trascorsa la festa del Primo Maggio, la festa dei lavoratori, dalla quale ovviamente mi sono sentito escluso per il secondo anno consecutivo (minipost sul primo maggio qui ). Così oggi in tema di lavoro ho deciso di approfondire la spinosa questione dei centri per l'impiego, sempre e solo attraverso le mie esperienze (più o meno divertenti) con questo ente. Partiamo dalle definizioni: come si può leggere su Wikipedia,  "Un Centro per l'Impiego, in Italia, è un ufficio della pubblica amministrazione a cui è demandato la funzione di gestire il mercato del lavoro a livello locale." Tra i vari compiti di questo ente troviamo quello che secondo me è il punto più debole del vecchio ufficio di collocamento: "in materia di collocamento dei lavoratori presso datori di lavoro privati, compresi quelli agricoli, dello spettacolo, domestici, non comunitari, a domicilio, preselezione ed incontro tra domanda e offerta di lavoro". Ecco qui, secondo me un punto dolente, l'incontro tra domanda e offerta di lavoro. Cioè almeno dalle mie parti, difficilmente ho mai sentito qualcuno che abbia trovato lavoro attraverso il Centro per l'Impiego o che almeno abbia ricevuto da loro un'offerta. Secondo me questo punto andrebbe assolutamente rinforzato, perché al momento, non è molto efficace sotto questo aspetto. In generale ci si iscrive al Centro dopo aver perso il lavoro o dopo aver finito la scuola, ma fondamentalmente non per aspettarsi una facilitazione da parte di questo ufficio all'avviamento al lavoro, ma in generale per avere in mano un foglio di carta che attesti che uno è iscritto alle varie liste di collocamento. Poi non si avranno altri contatti con loro. Questo incontro tra domanda e offerta di lavoro va a farsi benedire. 
Tornando alla mia esperienza, praticamente ho avuto il primo contatto con il Centro un paio di anni fa, dopo aver perso il lavoro di collaboratore di quotidiano. Sono andato lì per avere questo foglio in modo che quando avrei trovato una nuova occupazione lo potevo già avere a disposizione. Quindi si va lì senza nessuna speranza che qualcuno in quella struttura ti possa aiutare a trovare un impiego. In questo post quindi chiamerò questo ente solo Centro, perché di impiego purtroppo nessuna traccia. Mi reco lì, faccio una veloce fila e poi mi ritrovo in un piccolo ufficio con un impiegato di fronte che mi chiede: "Cosa devi fare?". "L'iscrizione, ho perso il lavoro". Lui: "Ah quindi hai già lavorato! E allora!". Come per dire hai lavorato una volta, reputati fortunato...Tra me e me: "Cominciamo bene...". Dopo mi dice:" E qua chi te lo trova il lavoro!". Evviva la sincerità! Almeno l'impiegato sapeva già benissimo che nessuno mi avrebbe aiutato in quella struttura, l'incontro tra domanda e offerta di lavoro non ci sarebbe mai stata. E così è stato in effetti. Dopo un breve colloquio, esco con il mio bel "Attestato di iscrizione negli elenchi" nel quale risulto qualificato come collaboratore di quotidiani e come "Addetto agli affari generali". E che cosa sarebbero questi affari generali? Credo sia la traduzione del "si adatta a fare tutto". Certamente mi reputo un grande esperto di affari generali, e non in molti lo sono, quindi dovrei essere appetibile nel mercato del lavoro...In tutti i settori ci sono gli affari generali. Ogni azienda ha un settore "Affari generali", sono ricercatissimi questi addetti, altroché... Da quel momento risulto disoccupato in conservazione ordinaria, effettivamente mi sto conservando molto bene e credo l'ordinario faccia riferimento al fatto che ci rimarrò per molto così come è normale che sia. 
Ho avuto altre esperienze con il centro per Garanzia Giovani, e non è che siano state migliori ( Qui il mio approfondimento su Garanzia Giovani ). Ho partecipato ad una riunione sul progetto ed eravamo un branco di disoccupati laureati abbastanza inviperiti con un'impiegata che non sapeva cosa dirci e alla fine ci disse "Non è colpa mia di questa situazione, io qui ci solo lavoro"(!?). Cioè non è che ci si trova di fronte a gente preparata, nella maggior parte dei casi si tratta di persone che svolgono il loro compitino, anche un po' svogliatamente. Ovviamente non voglio generalizzare, parlo della mia zona e delle mie esperienze come sempre. E poi sono anche le politiche che dovrebbero cambiare in questo tema, quindi non è che poi chi ci lavora possa fare molto. Forse un po' di entusiasmo e gentilezza in più forse non farebbe male. 
Altro aspetto che mi ha colpito di questi centri è la fatiscenza dei locali e la mancanza di risorse economiche per portarli avanti. Ci sono ragnatele dappertutto, quindi scarsa pulizia. Far lavorare qualcuno per questo no? Chiamare un addetto agli affari generali per fare questo no? 
Poi mancano i mezzi: durante il primo colloquio per Garanzia Giovani un'impiegata si lamentò con me sul fatto che le penne per scrivere dovessero portarsele da casa. Cioè un ufficio senza penne. Ma ci rendiamo conto? Assurdo.
Durante la firma del Patto di servizio l'altro impiegato si lamentò addirittura che spesso se una lampadina si esaurisce, non ne hanno altre da cambiare...Inoltre si lamentò che il server del computer saltasse continuamente, cioè se due impiegati stavano usando il pc contemporaneamente allora il collegamento saltava in continuazione, con conseguenti file bibliche per fare delle pratiche di pochi minuti. Così siamo ridotti. 
Se mancano anche i fondi per le spese di base, come si può pensare di migliorare questi centri attraverso politiche che riescano a farli funzionare in maniera adeguata? Credo rimarrà un sogno quello che un giorno si potrà ricevere una chiamata dal Centro per ricevere un'offerta di lavoro. Quando arriverà quel giorno, quando finalmente ci sarà un'offerta di lavoro per me dal Centro, l'impiegato alzerà la cornetta per chiamarmi e troverà il telefono staccato...(la Regione non avrà pagato la bolletta)...That's life!

venerdì 1 maggio 2015